Neuromodulazione farmacologica

Neuromodulazione segmentaria peridurale

Il posizionamento di un catetere nello spazio epidurale e la sua permanenza per un determinato periodo ci permette di attuare, tramite la somministrazione di farmaci (anestetico locale e morfina), una vera e propria neuromodulazione che avviene attraverso un’azione selettiva sulle radici nervose responsabili del dolore e il coinvolgimento di strutture attive nel dolore sia neuropatico che infiammatorio persistente.

Un aspetto fondamentale di questa terapia è quello di permettere al paziente di fare riabilitazione attiva in analgesia: nei pazienti in fase di riabilitazione è molto frequente infatti che il dolore provochi un ritardo, se non una interruzione, del processo riabilitativo stesso.
Il paziente in cui si riesce a controllare il dolore si avvia invece più volentieri ad un programma fisioterapico: riesce a svolgerlo e a portarlo a termine correttamente, così da trarne beneficio sia nell’immediato, grazie alla ripresa funzionale, che nel lungo periodo tramite l’apprendimento di esercizi e comportamenti che contribuiscano, anche una volta rimosso il catetere, a mantenere controllata la sintomatologia algica.

L’intervento per il posizionamento del catetere peridurale avviene in regime di ricovero dopo aver eseguito ECG ed esami ematici per controllare in particolare la coagulazione. In caso il paziente assumesse farmaci antiaggreganti o anticoagulanti, questi saranno stati sospesi una settimana prima ed eventualmente sostituiti da iniezioni sottocutanee di eparina.

Dal punto di vista pratico in sala operatoria il paziente viene posizionato prono sul lettino curvo e, previa anestesia della cute, si procede all’inserimento sotto controllo radiografico dell’ago nello spazio peridurale e quindi del catetere.
Ciò avverrà a livello dorsale o cervicale, a seconda del distretto interessato dal dolore.

Il catetere (tubicino molto sottile e morbido), viene infine fissato tramite un punto alla cute, appoggiato sulla pelle e coperto con un cerotto, mentre all’estremità libera viene posizionato un filtro che permette l’iniezione del farmaco.

Una volta terminata la procedura il paziente viene trasferito sulla barella e quindi ricondotto in reparto.

Come per tutte le procedure chirurgiche, nel corso dell’intervento viene posta adeguata cura alla sterilità e alla disinfezione e si garantiranno sul paziente un accesso venoso e il monitoraggio di frequenza cardiaca e saturazione dell’ossigeno.

Tornato al proprio domicilio il paziente sarà perfettamente in grado, grazie alle istruzioni ricevute, di somministrarsi il farmaco che gli sarà stato fornito. Si recherà inoltre ogni settimana in ambulatorio per la medicazione, il controllo del corretto funzionamento del catetere e la consegna di nuovo farmaco.

Dopo circa un mese il catetere verrà sfilato: per tutto questo tempo è necessario astenersi dal fare la doccia e da tutti quei comportamenti che potrebbero mettere a rischio di contaminazione la medicazione.

Il beneficio ottenuto da questo trattamento potrebbe limitarsi alla durata della terapia peridurale o protrarsi nei mesi successivi alla rimozione del catetere.
Se necessario, ove vi sia indicazione clinica, è possibile a distanza di 6 mesi-1 anno ripetere la procedura o indirizzarsi verso altre terapie.

 

Somministrazione continua di farmaci per via subaracnoidea

Questa tecnica di neuromodulazione farmacologica prevede l’utilizzo di cateteri impiantati a livello intratecale, collegati ad una pompa sottocutanea per la somministrazione continua di farmaci (morfina e/o anestetici o altri farmaci) direttamente a livello spinale.

L’utilizzo di questa metodica, che permette di ottenere una maggiore efficacia analgesica utilizzando bassi dosaggi di farmaco e quindi minori effetti collaterali, trova indicazione in quei pazienti che non rispondono alle tecniche di neuromodulazione elettrica, nè alla terapia per bocca, o nei quali la comparsa di importanti effetti collaterali ne impedisce l’impiego.

Di solito questa scelta terapeutica è riservata a pazienti con sintomatologia dolorosa molto severa che hanno risposto positivamente ad un precedente test farmacologico per via subaracnoidea.

La prima fase prevede appunto il posizionamento di un catetere nello spazio subaracnoideo per l’infusione di morfina a basse concentrazioni.

La procedura avviene in sala operatoria con tecnica sterile su paziente prono posizionato sul letto curvo e sotto controllo radiografico. Il catetere viene inserito mediante un apposito ago previa anestesia locale della cute e tunnellizzato lateralmente, appoggiato sulla pelle e coperto con un cerotto.

Durante l’intervento vengono garantiti un accesso venoso e il monitoraggio di frequenza cardiaca e saturazione dell’ossigeno.

Una volta accertate le condizioni del paziente, questi viene ricondotto in reparto dove si fermerà il tempo necessario (2-3 settimane) per portare a termine il test.

Nel caso in cui il paziente abbia ottenuto un sollievo di almeno il 50% del dolore e in seguito alla valutazione degli eventuali effetti avversi, si può procedere all’impianto di un nuovo catetere e di un serbatoio sottocutaneo per l’infusione del farmaco, nella porzione bassa e laterale della parete addominale.

La procedura viene di norma eseguita in anestesia locale e/o spinale con lieve sedazione generale, per dare il massimo conforto al paziente che sarà posizionato sul letto chirurgico in decubito laterale.

Essendo la metodica un atto chirurgico si porrà grande cura alla sterilità e alla disinfezione. Durante la procedura vengono garantiti un accesso venoso e il monitoraggio di frequenza cardiaca e saturazione dell’ossigeno.

L’ago viene inserito nel punto di accesso, dopo anestesia locale, fino allo spazio subaracnoideo: si inserisce quindi il catetere e se ne controlla in scopia la risalita all’interno del canale vertebrale sino al livello più opportuno.

Si confeziona poi una tasca sottocutanea di grandezza idonea a contenere la pompa, che viene caricata con la soluzione farmacologica prevista, posizionata nella tasca e collegata al catetere tunnellizzato sottocute fino alla tasca.

Si trasferisce quindi il paziente alla barella e, verificata l’assenza di effetti avversi, lo si riconduce in reparto.

A seconda della capienza del serbatoio, la pompa si svuoterà in 70-80 giorni: prima del previsto esaurimento, per evitare crisi di astinenza e riaccensione dei sintomi, il paziente dovrà recarsi al centro competente per la ricarica del sistema, che avverrà mediante la puntura di un repere sulla pompa dall’esterno e il rifornimento dei farmaci.